Caruso è un fenomeno: impresa sull’Alpe Motta al Giro d’Italia
Un assolo strepitoso sull’Alpe Motta, dopo una fuga partita da lontano e 164 chilometri nelle gambe, ha regalato al ragusano Damiano Caruso, alle soglie dei 34 anni, il primo successo della carriera al Giro d’Italia e la (quasi) matematica certezza di concludere la corsa rosa sul podio, fra i grandissimi. Il clima da tregenda, con una pioggia fitta per tutto il pomeriggio, le montagne assatanate, le discese infime e dei rivali accaniti (fra cui la maglia rosa Egan Bernal e il suo principale contender, Simon Yates), aggiungono all’impresa un sapore unico ed epico, difficile da spiegare.
Una scarica di brividi e adrenalina a ogni pedalata, anche per chi è poco avvezzo alla fatica e allo sport. Dopo un Giro corso sempre nelle primissime posizioni, e il mezzo passo falso di ieri – dove aveva tentato di rimanere a ruota di Yates, ma ha finito per andare leggermente fuori giri – Caruso è stato bravo a ricaricare le pile e a trovare lo spunto fatale fra i tornanti in discesa del Passo San Bernardino, al confine tra Italia e Svizzera: è lì, a una cinquantina di chilometri dal traguardo, che il ciclista della Bahrain (partito per fare il gregario, ma divenuto capitano dopo il ritiro del compagno Landa) ha dato corpo alle ultime energie, staccandosi dal gruppetto della maglia rosa e facendo rotta sui primi, grazie al sacrificio dell’ottimo Bilbao. Con cui si è arrampicato sulla vetta del Passo Spluga, secondo gran premio della montagna.
Negli otto chilometri della salita decisiva, dopo aver resistito al tentativo di accorciare il gap dal gruppo dei migliori (con Bernal), Caruso ha sfilato il compagno di squadra, ringraziandolo con alcune pacche sulle spalle, e si è liberato della scomoda presenza di Romain Bardet, l’unico a tenergli testa, involandosi da solo verso lo striscione del traguardo, fra due ali di folla. Dopo il successo di Lorenzo Fortunato sullo Zoncolan, un’altra impresa made in Italy sulle montagne del Giro: questa, però, ha il gusto estremo della sicilianità, la scorcia di un ragusano doc che trascorre il tempo lontano dalle corse nel borgo di Punta Secca, a pochi metri dal mare. Dove di montagne, nei paraggi, non se ne trovano. Ha sfidato e sfatato il mito, Caruso. Chapeau!
Aggiornamento: nella crono conclusiva di Milano, l’aquila degli Iblei ha mantenuto a debita distanza Yates, recuperando persino 30 secondi alla maglia rosa Bernal, e chiudendo sul secondo gradino più alto del podio.