A Punta Secca si celebra la marcia funebre dell’economia VIDEO
A Punta Secca, a due passi dalla casa di Montalbano, si celebra la morte dell’economia e di numerose attività che, a causa del Covid e delle restrizioni imposte da Roma, faticano ad andare avanti. Il Comitato Ristoratori Siciliani (Co.Ri.Sicilia), dopo la manifestazione di Piazza Poste a Ragusa, si è trasferito nella borgata resa celebre dalla fiction, dove oggi risuona l’urlo disperato di tanti imprenditori. Non c’è soltanto la ristorazione, ma anche il wedding, il teatro, lo sport, i fotografi, le strutture ricettive. Una bara, con all’interno tutte le insegne dei locali, viene deposta sotto la terrazza più famosa, da cui i manifestanti si affacciano – a turno – per riportare la propria esperienza. Narrare le proprie delusioni. Inveire contro una situazione che non può più proseguire.
Nemmeno l’ultimo decreto, con una parziale riapertura delle attività all’aperto, li soddisfa: “Quando siamo andati da Musumeci abbiamo chiesto un piano Marshall per l’economia – spiega Vincenzo Mormina, chef -. Non dei fondi per noi, ma un contributo ai Comuni per ridurci le imposte. Siamo ancora in attesa. Il nuovo decreto, inoltre, ci impone ulteriori restrizioni. Come fai a portare un piatto caldo all’esterno, dove si raffredda nel giro di pochi minuti?”. Ma la cosa più importante per il proprietario del ristorante ‘Il Delfino’, a Marina di Ragusa, è che non ci siano “due pesi e due misure: se gli autogrill o gli alberghi lavorano, perché io non posso fare lo stesso? Se mi daranno una risposta convincente, cosa che non è mai avvenuta, sono disposto anche a chiudere. Perché al primo posto viene la salute”. Sul tema ristori lo chef cade dalle nuvole: “Il governo centrale avrà coperto il 3% delle perdite. Sembra che il progetto sia farci chiudere, ma non capiamo di chi sia la regia”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Fabio Alabiso, proprietario del ‘Rosengarten’: “Siamo fermi da dieci mesi, ma la situazione generale non è cambiata. Vuol dire che non siamo noi a far proliferare i contagi. Chiediamo di riaprire, nelle giuste condizioni di sicurezza, perché nel frattempo tutto il resto – dalle tasse ai contributi – non si è mai fermato. Abbiamo un limite e poi si muore. Il nuovo decreto? Per me si tratta di provvedimenti assurdi, sarà l’ennesimo investimento a perdere. Se ci consentiranno di riaprire solo all’aperto, io credo di rimanere chiuso”.
Angelo Alabiso, del Caffè Mokambo, si unisce al coro: “Vogliamo sensibilizzare le istituzioni a darci una mano. Non ci interessano le elemosine, vorremmo lavorare a pieno regime e rispettando le restrizioni. Col coprifuoco alle 10 il nostro comparto è tagliato fuori. I ristori sono del tutto inadeguati: io pago 1.350 euro al mese d’affitto, più tutte le altre spese, non sappiamo che farcene di mille o duemila euro di ristori”.