Albora: “Seconda ondata? Nessuna certezza, ma occorre prudenza”
Giuseppe Albora, originario di Santa Croce Camerina, è medico chirurgo e medico in Formazione Specialistica in Igiene e Medicina Preventiva all’Università degli Studi di Firenze. Le sue analisi hanno orientato la scelte e i comportamenti dei suoi concittadini – e non soltanto loro – nella fase più acuta della pandemia. Ma non è finita. L’incedere di nuovi casi merita riflessioni approfondite e un richiamo al senso di responsabilità di ognuno.
Dott. Albora come vede la situazione Covid-19 in Italia in questo momento?
“Sul filo di un rasoio. Ci troviamo in mezzo ad una pandemia che in Italia, grazie alle politiche messe in atto dal governo, è stata contenuta efficacemente. Oggi l’Italia paragonata agli altri Paesi europei ha una situazione senz’altro più controllata e controllabile e questo ci ha permesso (e ci permette tuttora) di ritornare a frequentare gli spazi della vita organizzata in tante sue forme. Bisogna mantenere, tuttavia, l’asticella dell’attenzione alta perché più di 500 contagi al giorno non sono pochi e potrebbero raggiungere i numeri che abbiamo visto nella scorsa primavera senza grosse difficoltà”.
Si parla tanto di seconda ondata e del rischio che questa potrà verificarsi proprio in autunno. Lei cosa ne pensa?
“La storia delle pandemie ci insegna che le seconde ondate sono degli eventi possibili. Questa pandemia non fa eccezione e gli alti numeri di contagi che osserviamo in diverse aree del mondo sono preoccupanti. L’abbassamento delle temperature ed il ritorno alla vita sociale in ambienti chiusi sono dei fattori che potranno predisporre ad una nuova recrudescenza della diffusione del virus nel nostro Paese. Parliamo di un evento possibile, ma non di una certezza. Noi non sappiamo se, quando e come comparirà una nuova ondata, ma sappiamo, e questa invece è una certezza, che in autunno ritornerà ad aumentare l’incidenza dell’influenza stagionale e di varie forme di riniti. Stiamo parlando di patologie che hanno una sintomatologia simile a quella provocata dall’infezione di Coronavirus, per cui sarà fondamentale saper eseguire delle adeguate diagnosi differenziali con la Covid-19 attraverso un uso massiccio e intelligente di tamponi, così come sarà altrettanto importante organizzare i percorsi dei pazienti in maniera impeccabile, altrimenti si rischia che il sistema, pur in assenza di pandemia, possa comunque collassare. Questo obiettivo potrà essere raggiunto soltanto attraverso un’efficiente integrazione tra la rete ospedaliera, la rete dei servizi territoriali ed i dipartimenti di prevenzione, ovvero le tre strutture portanti del nostro Sistema Sanitario Nazionale”.
Cosa potremo fare affinché ciò non accada?
“Il cittadino dovrà continuare ad attenersi alle disposizioni ed ai consigli. Questi sono sempre gli stessi: l’uso della mascherina, il distanziamento fisico ed una corretta igiene delle mani. A questi si aggiunge la forte raccomandazione di ricorrere alla vaccinazione antinfluenzale. Quest’anno vaccinarsi è ancora più importante rispetto agli scorsi anni: in primo luogo per ridurre il numero di pazienti con sintomi simili a quelli di Covid-19 e quindi ridurre il ricorso alle diagnosi differenziali; in secondo luogo poiché una contemporanea infezione di Coronavirus e Virus influenzale potrebbe peggiorare significativamente la prognosi del paziente”.
A proposito di vaccino, tante sono le notizie che circolano, molte sono discordanti tra loro. Secondo Lei quando potremo avere davvero un vaccino contro il Coronavirus?
“Le sfide correlate al vaccino sono essenzialmente due. La prima è quella su cui si concentra maggiormente l’attenzione dell’opinione pubblica, ovvero: ottenere un vaccino efficace. Le sperimentazioni sui vaccini richiedono molto tempo, essendo degli strumenti preventivi vengono somministrati a persone sane, non malate. Non potendo, eticamente, infettare tali soggetti volontariamente per vedere se il vaccino protegge o meno, di solito la sperimentazione prevede la somministrazione a popolazioni a rischio e ne viene stimata l’efficacia nel tempo. Si comprendono, dunque, le difficoltà che la produzione di un vaccino efficace incontra”.
E la seconda?
“E’ quella di cui si discute meno, ma che è altrettanto importante e non bisogna sottovalutare: ossia la produzione e distribuzione di una quantità di dosi di vaccino tale da coprire l’intero globo. Anche questa fase richiede del tempo. In sintesi, oggi noi non sappiamo con certezza quando riusciremo ad ottenere delle coperture vaccinali efficaci, sappiamo però che queste non saranno raggiunte entro il prossimo autunno, per cui le uniche armi che abbiamo a disposizione sono quelle che ricordavo precedentemente. Bisogna muoversi ed agire giorno per giorno in base alle condizioni che la realtà impone, non possiamo fare programmi a lungo termine”.
Se dovesse verificarsi una nuova ondata, è probabile un nuovo lockdown?
“Non credo che un nuovo lockdown sia possibile, almeno nei termini di quello che abbiamo vissuto in primavera. Ritengo, tuttavia, plausibili delle chiusure e delle restrizioni regionali e cittadine. Un nuovo lockdown nazionale potrebbe essere necessario, ma non credo che questo sia realizzabile. A differenza della fase I siamo in una condizione economica molto diversa da quella di 5 mesi fa. Tutte le azioni che verranno messe in atto dovranno essere sempre il frutto di un compromesso, di un equilibrio tra le valutazioni di natura sanitaria e quelle di natura economica. Badiamo bene però, le responsabilità non saranno solo delle Istituzioni: più i cittadini saranno attenti ed osservanti delle regole, meno la curva dei contagi crescerà e minore sarà la necessità di ricorrere a decreti ed ordinanze restrittive”.
Un’ultima domanda sulla situazione locale: la provincia di Ragusa è balzata agli onori della cronaca nazionale visto l’incremento del numero di contagi. Quanto ritiene preoccupante la situazione?
“Purtroppo ritengo che la situazione in provincia sia preoccupante e da non sottovalutare. Il Direttore Generale dell’Asp 7 Aliquò, nel suo comunicato del 13 agosto, ha parlato di 2.5 nuove persone contagiate da ogni nuovo soggetto risultato positivo. Stiamo parlando del “famoso” R0. Un R0 uguale a 2,5 non può e non deve essere sottovalutato. Dall’altro lato osservo da parte della popolazione una percezione del rischio piuttosto bassa: le località di mare sono piene di persone che affollano locali e vie cittadine in cui l’osservanza del distanziamento fisico o quella dell’uso della mascherina non sempre viene rispettata. Colgo l’occasione per reiterare l’appello alla massima prudenza: le regole da osservare non sono molte e non vanno nemmeno ad inficiare il divertimento e lo svago. Anche in questo caso raggiungere un giusto equilibrio è la strada giusta”.