La lettera. “Virus, paura e rabbia. Gli operatori sanitari meritano fiducia”
“Sento il bisogno di scrivere una lettera perché, in questo momento storico che, per me, non ha precedenti, mi sembra di essere sulle montagne russe: ci sono alti, bassi, a volte mi capita di non sapere più dove sto andando e mi verrebbe voglia di fermarmi e di scendere dalla giostra, ma… non sono (ahimé) su una giostra! Stiamo vivendo un periodo molto complesso e siamo tutti sotto stress (anche se in maniera diversa), in contatto principalmente con due emozioni: paura e rabbia”. Inizia così la nota di un medico, Concetta, che in questi giorni di grandi sacrifici ha sentito l’esigenza, attraverso la nostra redazione, di rivolgersi ai cittadini.
“Nella storia dell’umanità non è la prima volta che capita un evento simile (l’influenza spagnola, l’influenza di Hong Kong, l’influenza asiatica…) e, in fasi diverse, ce l’abbiamo sempre fatta! E, anche questa volta, lo sconfiggeremo questo maledetto virus! Oggi, però, la rabbia mi pervade. Leggo i giornali e trovo notizie relative a casi di presunta malasanità, in piena emergenza Coronavirus, pubblicità di fantomatici studi legali che assicurano risarcimenti anche solo per “tempi di attesa non congrui”, politici che disapprovano le scelte difficili di chi deve gestire una situazione assurda e destabilizzante. Poi si leggono elogi a medici, infermieri e a tutte quelle persone che ogni giorno assistono i malati e li si chiamano EROI. Ma ce ne siamo accorti solo ora? Tutti gli operatori sanitari sono persone che hanno una “vocazione”: aiutare gli altri quando soffrono per malattie o disagi. Loro non ci lascerebbero mai morire… anzi sono pronti a morire per noi! Tutti si aspettano che “il dottore” sia disponibile per i propri problemi, indipendentemente dal sacrificio personale che questa dedizione comporta. Ricordiamocelo quando tutto questo sarà finito e il contenzioso contro i sanitari ritornerà a “splendere”!”.
“Le aspettative dei pazienti sono sempre più alte e meno legate alla pratica vissuta della medicina, seguendo spesso la traiettoria della sanità raccontata dai media, che tutto è tranne che sempre praticabile. Il medico deve conservare un equilibrio molto difficile e delicato tra reali bisogni del malato, curiosità scientifica, dettami della scienza, strumenti a disposizione e aspettative della popolazione. Si sta cercando di combattere un virus sconosciuto e particolarmente subdolo. A circa tre mesi dalla scoperta dell’epidemia non ci sono ancora cure efficaci, non si capisce esattamente chi sia contagioso, perché i bambini abbiano sintomi molto più lievi degli adulti e perché le donne se la cavino meglio degli uomini, né sappiamo quanto sia fondata la speranza che il virus sia stagionale e si eclissi con l’arrivo della primavera (che, peraltro, tarda ad arrivare). Benedetta Allegranzi, direttrice mondiale del Servizio di Prevenzione delle epidemie dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha scritto: “le epidemie possono farci superare l’individualismo e riscoprire che siamo un insieme e abbiamo delle responsabilità collettive”. Pensiamoci quando tutto sarà finito!”.
“La diffusione del contenzioso (e, di conseguenza, della medicina difensiva) grava sui costi del Sistema Sanitario Nazionale, quello stesso Sistema che assicura assistenza sanitaria a tutti noi, anche e, soprattutto, in momenti così difficili come quello che stiamo vivendo. La medicina non è onnipotente ai fini della guarigione. E’ opportuno cambiare le cose e ricominciare ad avere piena fiducia negli operatori sanitari che combattono tutti i giorni contro un nemico comune: la malattia, qualunque essa sia”.