Giovanni Aquila racconta la vita e l’arte di Artemisia Gentileschi
Sabato 22 febbraio, presso la biblioteca comunale “G.Verga” di Santa Croce Camerina, la Società di Storia Patria, presieduta dal Sig. Giuseppe Arrabito, ha presentato una conferenza dedicata alla pittrice secentesca Artemisia Gentileschi, su cui ha relazionato il maestro Giovanni Aquila. Attraverso le immagini dei suoi dipinti, Aquila ha raccontato la vita di questa donna coraggiosa, tracciandone i tratti essenziali. Artemisia crebbe come artista nell’ambiente romano, dove fino alla metà del ‘700 Roma era la capitale artistica d’Europa. Molti gli artisti che vi si recavano, provenienti soprattutto dalla Francia e dalla Spagna. In quell’epoca, alle donne non era consentito dipingere, frequentare le botteghe degli artisti, firmare i loro dipinti o venderli. Suo padre, Orazio, era un bravo pittore e le insegnò la disposizione dei colori.
Artemisia desiderava andare all’Accademia per imparare la prospettiva ma allora non era consentito a nessuna donna. A 17 anni dipinse “Susanna ed i vecchioni”, un quadro che meravigliò molto suo padre per la qualità pittorica, il quale decise di accontentare la figlia nel suo desiderio di imparare la prospettiva. Quindi incaricò un certo Agostino Tassi, che conosceva la prospettiva, per insegnarle quanto desiderava. Però ben presto l’uomo cominciò ad infastidire la ragazza fino a giungere a violentarla. Per colmare l’onta di discredito che si era riversato sulla giovane, l’uomo inizialmente le aveva promesso di sposarla, poi non lo fece. Allora Artemisia decise di denunciarlo.
Durante il processo, per lei molto doloroso, fu messa continuamente in cattiva luce e il giudice decise di sottoporla ad una tortura, lo schiacciamento dei pollici e lei accettò pur di dimostrare la sua innocenza. L’esperienza fu molto dolorosa, ma alla fine il giudice non infierì troppo e la tortura fu interrotta. Agostino Tassi fu condannato a 5 anni di lavori forzati oppure, in alternativa ad andare via da Roma. Lui, ovviamente, scelse l’ultima prospettiva, anche se da Roma non andò via mai, grazie a dei protettori. Così Artemisia si recò a Firenze e lì fu accolta favorevolmente tanto da avere commissionati parecchi lavori. Si sposò ed ebbe due figlie. Fu invitata persino a dipingere la volta della casa dei Buonarroti dove, al centro del soffitto, compare “L’allegoria dell’inclinazione”, un’opera straordinariamente bella e delicata. Tante le opere pittoriche di Artemisia, che Giovanni Aquila ha descritto con accuratezza di particolari, soffermandosi sul fatto che in alcune di esse la figura femminile è riprodotta con la sua immagine. Dopo la morte del marito si è recata a Roma, Venezia ed, infine, si è trasferita a Napoli. Per tantissimo tempo la sua professionalità non è stata adeguatamente riconosciuta, mentre oggi viene considerata una delle più grandi pittrici di tutti i tempi.