All’Unitre di Santa Croce presentato “Il profumo dei ricci di mare”
E’ stato presentato venerdì 14 febbraio presso il Centro Diurno “Terza Primavera” a Santa Croce Camerina il primo romanzo del giornalista Michele Farinaccio dal titolo “Il profumo dei ricci di mare”, edito da Operaincerta. L’iniziativa è stata promossa da Maria Rosa Vitale, presidente dell’Unitre di Santa Croce Camerina, in occasione della giornata dedicata alla festa degli innamorati. Una bella serata di cultura nel corso della quale sono stati sviscerati ambienti, società, personaggi, inseriti nel libro con riferimenti a stili di vista molto frequenti del periodo della prima gioventù dell’autore. A moderare l’incontro e dialogare con l’autore la giornalista Antonella Galuppi che ha posto delle domande pertinenti e complete cui ha risposto in modo esemplare e conciso il collega Farinaccio.
Note biografiche di Michele Farinaccio
Ragusano, quarantacinquenne, dopo avere conseguito la laurea in Lingue, Michele Farinaccio ha intrapreso la professione di giornalista. Sposato, due figlie, è corrispondente del quotidiano La Sicilia e cura diversi uffici stampa tra cui quello della Virtus Eirene Ragusa, società di basket femminile che milita nel massimo campionato italiano.
Prefazione di Giuseppe Traina
L’intreccio di questo romanzo breve scorre tranquillo fino a colorarsi di “giallo” ma quel tanto che basta a non farlo diventare uno dei mille noir di cui non si sente più il bisogno, per sazietà e stanchezza di lettori sopraffatti. Un sistema dei personaggi essenziale ma con tutte le pedine ben disposte sulla scacchiera: sulla quale campeggia inizialmente una regina di nome Gaia – lettrice di Baricco e “coscienza infelice” della prima metà del testo – e poi, mentre alfieri, torri e cavalli si schierano in vario modo, finisce per emergere, con la sua statica forza impotente (o debole potenza, fate voi), un re misterioso e silenzioso di nome Daniele. Una capacità di delineare i caratteri dei personaggi e le loro motivazioni all’azione, o all’inazione, per tocchi ed accenni, per allusioni alle cose del tempo, non perdendo mai di vista l’individuo (e facendone intravedere gli abissi interiori) ma nemmeno il suo essere nel mondo e nel tempo.