Cassazione respinge il ricorso della Panarello: resta condanna a 30 anni
E’ stata confermata dalla corte di Cassazione la condanna a 30 anni di reclusione nei confronti di Veronica Panarello, la giovane mamma accusata di aver ucciso il figlioletto di 8 anni, Loris Stival, occultandone poi il cadavere. Il delitto avvenne il 29 novembre 2014 nell’abitazione di famiglia a Santa Croce Camerina. La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso della difesa di Veronica Panarello, confermando dunque la sentenza di primo e secondo grado.
LA RICHIESTA DEL PROCURATORE GENERALE
Il Procuratore generale della Suprema Corte di Cassazione, Roberta Maria Barberino, aveva chiesto il “rigetto” del ricorso presentato dalla difesa della donna. “In questo caso di omicidio non si vede come l’aspetto istrionico della personalità della Panarello abbia potuto incidere sulla capacità di intendere il disvalore dell’omicidio del suo bambino” ha evidenziato la Barberini nella sua requisitoria davanti alla Prima sezione penale della Suprema Corte. “Non c’è nesso tra i tratti istrionici e narcisistici della personalità di Veronica Panarello e il delitto del quale è accusata”, ha aggiunto il Pg. “La chiamata in correità del suocero, è stato l’ennesimo tentativo si manipolazione messo in campo dalla donna”, ha rilevato il Pg riferendosi alla calunnia ai danni di Andrea Stival, nonno del piccolo Loris. “Con motivazione congrua, sono state negate le circostanze attenuanti in favore della Panarello per l’assenza di resipiscenza, per la sua condotta processuale, per la gravità del delitto, e per l’occultamento del cadavere del piccolo Loris”. Ad avviso del Pg, non è “rilevante” la tesi difensiva che il delitto sia stato commesso d’impeto perché “rilevante è piuttosto la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato”. Sulla mancata individuazione del movente, il Pg ha ricordato che “l’accertamento della causale non è necessaria per stabilire la colpevolezza” . Il ricorso depositato nei mesi scorsi dal difensore della Panarello, Francesco Villardita, rilevava «l’illogicità» della sentenza di secondo grado, a partire dalla ricostruzione del delitto. Il verdetto è atteso in serata.