Panarello, difesa chiede confronto col suocero e nuova perizia psichiatrica
«Disporre una nuova perizia psichiatrica» sull’imputata e «riaprire l’istruttoria dibattimentale» per «effettuare il confronto tra lei e il suocero, Andrea Stival». Sono le richieste «preliminari» dell’ avvocato Francesco Villardita nell’atto di appello contro la sentenza del Gup di Ragusa, Andrea Reale, che il 17 ottobre 2016 ha condannato a 30 anni di reclusione Veronica Panarello per l’ uccisione del figlio Loris. Il legale, nel «merito», chiede di «assolvere» la donna «per non avere commesso il fatto», e in subordine di «ritenere la sussistenza del concorso anomalo» nell’omicidio, commesso da altri. E in ogni caso chiede di «riconoscere il vizio parziale di mente» e di «rideterminare la pena» anche «concedendo le attenuanti generiche» che in primo grado non le sono state riconosciute. Il processo si terrà, a data da destinarsi, davanti la Corte d’assise d’appello di Catania.
Nell’atto d’appello, depositato il 28 marzo scorso nella cancelleria del Tribunale di Caltagirone, il penalista riporta 18 punti di «contestazione e censura di fatto e di diritto» della sentenza di primo grado. Tra questi il passo in cui il Gup Andrea Reale, che ha presieduto il processo col rito abbreviato condizionato a una perizia psichiatrica, ipotizza che Veronica Panarello, ritenuta da una perizia collegiale in grado di intendere e volere, prima, durante e dopo il delitto, possa essere stata affetta da “sindrome di Medea”. Se così fosse, scrive l’avvocato, «l’autodeterminazione della Panarello era limitata da un quadro clinico che l’ha portata all’azione criminosa».
Villardita contesta e censura anche la perizia psichiatrica sulla valutazione della somministrazione dei test e anche sul non avere valutato le «neuro immagini» che «certificano la presenza di un cervello alterato della donna: «il rifiuto dei periti – osserva il penalista nell’atto d’appello – di tenere conto di questi avanzamenti, con giustificazioni bizantine e acrobatiche, fornisce una misura della inadeguatezza scientifica del loro prodotto».
Il penalista risollecita il confronto tra la sua assistita e il suocero della donna, Andrea Stival, che lei afferma di essere stato il suo amante e l’accusa di avere ucciso il bambino per timore che svelasse la loro relazione; e ribadisce che Veronica Panarello ha sempre detto la verità per quello che ricordava e poi non ha avuto la forza di confessare, e che quando mente lo fa per paura. Nell’atto d’appello l’avvocato Villardita contesta le perizie medico legali e la tempistica dell’omicidio. La donna, tra l’altro, non avrebbe avuto – sostiene – il tempo, né la forza per fare tutto da sola. Il processo si celebrerà, col rito abbreviato, davanti alla Corte d’assise d’appello di Catania. L’udienza di inizio non è stata ancora fissata. (www.gds.it)