Integrarsi giocando a calcio: tre giovani gambiani orgoglio dell’Upd Santa Croce
C’è chi della questione immigrati ne ha fatto un business, c’è chi continua a farne una questione politica. C’è chi ne fa una questione filosofica, chi ne parla come un fenomeno di costume e c’è chi, in concreto, fa davvero qualcosa nei confronti della vera integrazione. L’Upd Santa Croce, senza strombazzamenti, da qualche anno ha applicato questa ultima opzione, cioè l’integrazione. Dal campionato 2015-16 nella rosa della squadra biancazzurra, quasi stabilmente, figurano almeno tre elementi di colore. Si tratta di Muhammed Jatta, Yanusa Hydara e Baebi Silva, tutti provenienti dal Gambia. I tre ragazzi sono arrivati in Italia da circa cinque anni, ospitati nel Centro Accoglienza Immigrati “Filotea” di Marina di Ragusa e sono tutti richiedenti asilo politico.
Ma come è avvenuto questo connubio fra la società di calcio in questione e questi immigrati o profughi? Tutto nasce da una intuizione del direttore generale del S.Croce, Claudio Agnello, e del cronista sportivo Fabio Fichera: “Ebbene – ci spiega Agnello -, abbiamo pensato di organizzare uno stage al campo sportivo, conoscevamo le condizioni di vita di questi immigrati perduti nell’ozio più totale e completamente avulsi da ogni contatto con la realtà locale. In perfetta sintonia con i responsabili della “Filotea” abbiamo portato sul green del S.Croce circa trenta di questi ragazzi. Dopo vari passaggi, la cerchia si è ristretta e abbiamo individuato nei tre giovani prima menzionati delle potenzialità calcistiche di un certo spessore. Abbiamo iniziato un lungo e faticoso iter per il tesseramento e pian piano l’inserimento in prima squadra, lottando con la loro diffidenza e quella degli sportivi locali. Ma i nostri sforzi e le nostre intuizioni sono stati ripagati: adesso possiamo contare su elementi di una certa serietà, di doti tecniche, fisiche e umane non indifferenti. Faticosamente stanno imparando la nostra lingua, il nostro modo di comunicare e noi, nel rispetto della loro cultura e religione (sono musulmani), li abbiamo da subito voluti bene, ci siamo incontrati e abbiamo iniziato questo percorso, a volte complicato, ma gratificante per noi e anche per loro. Indossano la maglia biancazzurra orgogliosamente: questo è il loro modo per ringraziare la società che ha creduto fortemente nel progetto di integrazione”.
Fabio Fichera ci spiega come si è arrivati alla determinazione di provare questi ragazzi: “Ero in spiaggia a Marina di Ragusa all’inizio dell’estate 2015 – ci racconta . La mia attenzione veniva attirata da un giovane di colore che palleggiava divinamente, con un fisico asciutto e muscoloso. Si trattava di Jatta, uno dei ragazzi che fanno parte ormai della rosa del S.Croce, uno dei migliori. Ho proposto il provino di questo ragazzo e, da lì, è nata l’idea di organizzare lo stage da cui abbiamo selezionato i giocatori di colore attualmente in rosa”. Che dire: fatti, non parole. Onore a questa dirigenza lungimirante per aver saputo applicare una teoria molto semplice: l’uguaglianza. L’incontro tra culture diverse è possibile quando si ricercano le cose che avvicinano piuttosto di quelle che allontanano, ed ancora una volta (semmai ce ne fosse stato bisogno) lo sport, arriva… sempre.