Fare Ambiente: “La pesca selvaggia dei ricci svuota il mare di Punta Secca”
Raccogliere i ricci di mare, anche se nel periodo di pesca consentito (dal 1° novembre 2015 al 16 aprile 2016) e con il rilascio delle dovute autorizzazioni, non sempre rappresenta un fenomeno razionale e positivo per l’ambiente e la fauna marina. Ciò causa la drastica riduzione della loro popolosità e un enorme danno all’ecosistema del fondali. La denuncia è di Fare Ambiente provinciale: “E’ quello che sta succedendo in questi giorni nei fondali di Punta Secca, invasa da numerosi pescatori professionali marittimi e subacquei provenienti da fuori provincia che, anche se provvisti delle dovute autorizzazioni per poter pescare fino a 1000 ricci al giorno, possono causare l’esaurimento di questi organismi marini in tutto il litorale camarinense. Purtroppo fermare il consumo è difficile, bisogna fermarne la pesca. E’ fondamentale proteggere la flora e la fauna marina, sensibilizzando tutti coloro che sono preposti alla conservazione e alla bellezza del nostro mare”.
“Il difficile compito di conciliare conservazione dell’ambiente e della risorsa con l’attività economica – continua Salvatore Mandarà, presidente di Fare Ambiente provinciale – passa necessariamente attraverso i numeri: numero di pescatori, quantità prelevabili, periodo di pesca devono essere regolati in funzione della disponibilità delle risorse esistenti. Non può essere diversamente se si vuole garantire la sostenibilità e la durabilità dell’attività. Non servono grandi modelli matematici per capire che le autorizzazioni rilasciate sono notevolmente più elevate rispetto alla quantità presente nella nostra fauna marina. Ridurre il periodo di pesca e limitare le autorizzazioni risulta quindi necessario per consentire a questo elevato numero di pescatori di poter prelevare giornalmente un quantitativo di ricci adeguato. Spetta poi alla Capitaneria di Porto controllare e contrastare la pesca illegale. Le soluzioni adottate fino ad ora sono state poco efficaci, rimane indispensabile attuare prescrizioni e divieti attraverso accorgimenti legislativi ancora più restrittivi che limitano o riducano il prelievo. Rivolgo un appello a S.E. il Prefetto di Ragusa affinché si possa fare carico di sensibilizzare tutte le autorità preposte ad occuparsi di questo problema”.