‘Dura lex sed lex’: can che abbaia non morde. Anche secondo i giudici…
Sempre più numerose sono le famiglie che oggi annoverano fra i loro componenti un cane. Se in passato vi era un limite ristretto al possesso di un animale domestico, in questo caso un cane, specialmente nei condomìni i cui regolamenti escludevano a priori la loro presenza, adesso non è più così. La sentenza del 24-3-1972 n. 899 della Sezione II della Corte di Cassazione stabilisce: “È inesistente il divieto giuridico di tenere cani in condominio. Il regolamento condominiale che contenga una norma contraria è limitativo del diritto di proprietà, quindi giuridicamente nullo. L’assemblea condominiale non può deliberarlo”. Si è trattato di un passo importante che riconosce questi, e altri animali, come parte integrante delle affettività familiari, quindi meritevoli di acquisire un posto all’interno della famiglia. Ciò nonostante fa sorgere altri problemi con i vicini. Il latrare dei cani, il loro modo di interloquire col mondo, può essere motivo di fastidio per gli stessi tanto che spesso ricorrono a misure giuridiche per far cessare il rumore, a loro avviso, molesto. Ebbene, il rumore molesto si considera quello che disturba la quiete non di un solo soggetto bensì di una moltitudine di soggetti. Una sentenza della Corte di Cassazione, la 1394 del 1999, afferma che “se gli ululati del cane non disturbano una pluralità di persone, ma ad averne fastidio è solo il vicino di casa, è inutile querelare il padrone per disturbo della quiete pubblica (art. 659 C.P.), in quanto il disturbo non coinvolge che un solo nucleo familiare”. Perciò ricordiamo che è diritto di un cane poter comunicare col suo linguaggio perché il suo abbaiare non è sicuramente più rumoroso e fastidioso di chi organizza festicciole fino alle due di notte, però occorre sempre che il padrone vigili affinché un abbaio motivato e ridotto non si trasformi in un’interminabile capriccio…