“Dura lex sed lex”: l’abbandono è un reato, ecco quali sono i termini
L’art. 591, primo comma del codice penale, è chiaro: “Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere la cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni”. Se la norma appare subito comprensibile, la domanda che ci si pone è: “Cosa si intende per abbandono?”. A tale domanda ha risposto una recente sentenza del tribunale di Taranto (sent. 2500 del 5 gennaio 2015) con la quale il giudice si è espresso ammettendo che il reato sussiste indipendentemente dalla durata dell’abbandono, anche solo un giorno, e che per abbandono si intende il lasciare in una situazione di pericolo (anche potenziale) per la propria incolumità o vita colui che non è in grado di badare a se stesso e di cui si aveva l’obbligo di custodia. La questione è nata da una vicenda in cui una moglie, per un giorno e una notte, aveva lasciato il marito invalido al 100% per recarsi dal nuovo compagno. Costui era rimasto per tutto il tempo, incapace di provvedere a se stesso, all’interno dell’abitazione in cui vivevano anche diversi cani e gatti, in una condizione di invivibilità causata anche dalla presenza degli escrementi degli animali. Gli stessi carabinieri, con un sopralluogo, avevano appurato la situazione disumana in cui riversava l’appartamento le cui porte e finestre erano bloccate con pannelli di compensato per separare le stanze che accoglievano gli animali. L’accusa contestata è di dolo generico, aggravato dal fatto che a perpetrarlo è stato il coniuge. Pertanto il delitto in questione può essere superato solo se l’allontanamento non determina abbandono in quanto si provvede a farsi sostituire da persona idonea ad evitare qualsiasi conseguenza per il soggetto minore o incapace.