BEATI I PURI DI CUORE…
Nel Discorso della Montagna, come riportato dall’Apostolo Matteo, Gesù enuncia le 9 Beatitudini, cioè le caratteristiche per essere felici. La quinta Beatitudine recita: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”. Ebbene vorrei proporvi una lettura laica di un Testo Sacro che, a mio modesto parere, ben si addice agli eventi, tra il serio ed il faceto, che si sono svolti o si stanno per consumare tra il fine-settimana appena trascorso e l’inizio di questa settimana che prelude alla Quaresima. Cominciamo dagli eventi trascorsi o che si stanno per consumare che elencherò in ordine sparso: la sessantacinquesima edizione del Festival di Sanremo; l’uscita, nelle sale cinematografiche, del film “50 sfumature di grigio”, tratto dall’ominimo libro- scandalo “ Fifty shades of Gray”, dell’inglese E.L.James, in concomitanza con la Festa di San Valentino, dedicata agli Innamorati; il Carnevale.
Vi chiederete: ma qual è il nesso? Abbiate un po’ di pazienza e di attenzione! Come avrete capito si è trattato di eventi sicuramente frivoli ma che, comunque, coinvolgono la sfera emotiva e sentimentale dell’essere umano: l’allegria o la tristezza che può trasmettere la musica, l’euforia e la sofferenza che può dare l’innamoramento, le inquietanti sfumature che contiene il gioco della seduzione, i colori sgargianti e beffardi che precedono la penitenza. Quindi eventi che conducono al cuore dell’uomo. Ebbene, in un’accezione laica dell’espressione evangelica, chi sono “i puri di cuore…” beati e, in quanto tali, meritevoli di “ vedere Dio”, cioè di essere umanamente felici? Sicuramente sono tali gli “ignoranti”, cioè coloro che ignorano; coloro che, pur avendone le capacità e i mezzi scelgono di non sapere. “So di non sapere”, scriveva Socrate! E in quella consapevolezza vi era tutto l’orgoglio di aver trovato una soluzione per non soffrire. Così appaiono quegli italiani che quotidianamente eludono le regole, sostituiscono la meritocrazia con il clientelismo, camuffano il difetto di programmazione con l’assenza di risorse. Eppure Socrate con il suo aforismo intendeva l’esatto contrario. Sicuramente sono “puri di cuore” coloro che sono riusciti a non farsi contaminare dalle impurità dell’età contemporanea.
Così sono apparsi i coniugi sciclitani che hanno concluso lo spettacolo del Festival di Sanremo. Loro Socrate forse neanche lo hanno studiato, ma lo hanno applicato alla perfezione! Sicuramente sono “puri di cuore” gli innamorati e i bambini, gli uni perché convinti di aver incontrato sé stesso nell’altro, gli altri perché ancora scevri delle brutture della vita. Ma se sessantacinque anni fa essere innamorati significava accettare per tutta la vita un compagno o una compagna scelta da altri, con tutte le variabili del caso, prima fra tutte l’incognita dell’intesa sessuale, nel 2015 essere innamorati dovrebbe significare essere sessualmente compatibili o, peggio, dipendenti! Allora mi chiedo e vi chiedo: in 65 anni cos’è cambiato per la donna che vuole restare “pura di cuore”, cioè che ha diritto di aspirare alla felicità, come qualsiasi essere umano? Apparentemente ben poco, ma se ognuna di noi capisse che non si può essere felici con gli altri se prima non lo si è con se stesse, allora il cambiamento c’è ed è epocale. Io non accetto di essere felice perché ignorante, cioè orgogliosa di non sapere, anzi sono convinta che la mia “purezza” di cuore, cioè la mia felicità di donna si chiama “libertà di scegliere e di dire no”, proprio come ha fatto la giovane protagonista del film citato che, dopo aver deciso di sperimentare il rapporto master-slave, tipico della pratica sessuale BDSM, altrettanto liberamente, seppure a fatica, sceglie se stessa e la sua libertà. Ecco, non me ne voglia San Matteo, ma credo che anche nel mondo laico possono esistere i “puri di cuore che vedranno Dio” e che molti di costoro siano donne.