Pozzallo – Il proprietario agisce con l’escavatore per fermare l’esproprio dell’immobile messo all’asta
Un grosso foro alla parete del capannone. Così l’imprenditore pozzallese, Corrado Giuca, ha cercato di fermare l’esproprio del suo capannone presso la zona industriale Modica-Pozzallo, in via dell’Artigianato. Un modo per non cedere facilmente la proprietà, ricordando gli anni di sforzi compiuti. E a sostenerlo c’erano venerdì mattina anche i Forconi. Un capannone costato un milione e 700 mila euro ma venduto poi all’asta per 400 mila euro. Una tensione palpabile dunque quando un ufficiale giudiziario si è presentato di mattina davanti ai cancelli del fabbricato, atteso dallo stesso imprenditore alla presenza di un numeroso gruppo di persone guidate dai Forconi, con a capo Mariano Ferro e con rappresentanti dell’Ascom pozzallese. “Sono amareggiato – ha commentato Giuca dopo il gesto eclatante –anni di sacrifici con un triste epilogo.” e con il capannone e la ditta in difficoltà perdono il lavoro oltre 36 persone. “Un vero e proprio crimine appoggiato dalla legge dello Stato. Non hanno dato valore alla legge sulla impignorabilità sui beni strumentali.” per Ferro e il presidente Ascom Manenti . Un’altra ditta che chiude i battenti ed un altro imprenditore in ginocchio con il cane che si morde la coda: attende un finanziamento necessario per proseguire l’attività e pagare i lavoratori ma i soldi non arrivano perché l’impresa non aveva ottemperato ai pagamenti verso l’Inps e di conseguenza non poteva esibire il Durc. Tanto il nervosismo, tra striscioni e slogan di protesta. Dopo oltre un’ora di trattative Giuca ha dichiarato che l’operazione di “svendita” dell’immobile è stata rinviata di qualche mese, ma in primavera il nuovo proprietario si ripresenterà con l’ufficiale giudiziario. . “Così come avevamo chiesto ai nostri associati nei giorni scorsi – afferma il presidente dell’Ascom cittadina, Gianluca Manenti – ci siamo ritrovati per manifestare tutto il nostro dissenso rispetto a procedure esecutive ingiuste, che annullano i sacrifici di una vita e che costringono gli imprenditori a chiudere tutto. Il problema non è che non vogliamo pagare. Ma non si può continuare questo gioco al massacro che sta smantellando il substrato produttivo del nostro territorio. E dopo che cosa rimarrà? E’ una situazione che, a tutti i livelli, rischia di sfuggire di mano se nessuno interviene”.