C’ERANO UNA VOLTA UN CACCIATORE, UN LUPO, UNA NONNINA E UNA BAMBINA CHE SI CHIAMAVA CAPPUCCETTO ROSSO…
Anche questa settimana Cassandra continua a cimentarsi con il mondo delle favole, che, considerato il numero di “mi piace” del precedente editoriale (che lusinga e gratifica), pare sia stato apprezzato e condiviso. Per l’occasione l’ispirazione arriva dalla favola di “Cappuccetto rosso”: chi non la conosce? Si tratta di una fiaba colma di simbolismi, analizzata addirittura da Sigmund Freud, il padre della psicanalisi! Quindi merita tanto rispetto e, soprattutto, merita di essere ispiratrice di questo modesto tentativo di farvi riflettere sulla realtà che ci condiziona, nostro malgrado. Infatti i panni di Cappuccetto rosso li abbiamo indossati tutti, almeno una volta: lei, talmente curiosa di sperimentare da non ascoltare i buoni consigli della propria madre, e, quindi, da trovarsi nei guai, in attesa di qualcuno che li risolva e la salvi!
Domanda: ma senza sperimentare e senza sbagliare ci sarebbe crescita? Senza ribellione verso il sistema, quando è sbagliato e superato, ci sarebbe progresso? E ancora: perché mai per porre rimedio ai nostri sbagli aspettiamo il cacciatore di turno che uccida il lupo cattivo? Risposta: perché siamo prima siciliani, poi meridionali ed infine italiani! Come siciliani aspettiamo che qualcuno ci liberi dal male di turno, cosi che nell’attesa tutto resta uguale… Come meridionali usiamo la nostra posizione geografica per giustificare il secolare ruolo di cittadini di serie b, di vittime della politica nordista, cosi che nel frattempo facciamo affari con i nostri nemici e detrattori… Come italiani trascorriamo i giorni a lamentarci della crisi dei valori, della politica, dell’economia, del sistema, cosi che giustifichiamo il nostro qualunquismo e viziamo i nostri politici di professione… Vogliamo provare a riscrivere la fiaba di Cappuccetto rosso per il bene comune delle generazioni future o è troppo tardi ed inutile? Cassandra ci prova… tanto non verrà creduta!
C’era una volta una bambina nata nella città del sole che sin dalla scuola dell’infanzia aveva compagnetti magrebini, rumeni, albanesi cinesi… Lei ci giocava e ci faceva i compiti, ma uscita da scuola, non li incontrava più. E così ogni giorno… La mamma le raccomandava di non frequentarli perché erano poveri o, addirittura, pericolosi e lei, credendoci, li evitava. Ma un giorno decise di disubbidire: incominciò a imparare la loro lingua, le loro tradizioni, le loro abitudini, la loro cucina, ma nello stesso tempo fece conoscere loro il proprio mondo di bambina italiana, ricca, agiata e sola, con la complicità della sua adorata nonnina, la quale, essendo stata emigrante per molti anni, aveva ben chiaro in testa il concetto di straniero, terrone, mangia-spaghetti, crumiro, vucumprà… E indovinate cosa successe? Un giorno un cacciatore che passava da quelle parti vide quel gruppetto eterogeneo di bambini ridere e giocare accanto ad una anziana signora, si fermò incantato, depose il proprio fucile e regalò loro un cucciolo di lupo con gli occhi color miele! Questa è la fiaba che dovrete raccontare ai vostri figli, specie la sera del 27 gennaio, giorno della Memoria, dedicato alla shoah, ma anche ai desaparecidos, ai migranti annegati nel mediterraneo e a tutti i diversi (diversi da chi?), che vittime innocenti del loro Paese di nascita fuggono verso un nuovo carnefice! Domenica sera nella trasmissione “Che tempo che fa” di Fabio Fazio è stata ospite la signora Vera Vigevani Jarech, ebrea italiana, nipote di un ebreo ucciso ad Auschwitz e madre di una ragazza desaparecida argentina, nonché connazionale di Papa Francesco. Lei si è definita “militante della memoria” e ha chiesto al Papa che prepari un enciclica in cui il dovere di non dimenticare la crudeltà della persecuzione, in tutte le sue forme, diventi dogma!
Perciò Cassandra, più modestamente, vi invita ad essere la memoria buona dei vostri figli, e di non dimenticare che il lupo può diventare un agnello e che Cappuccetto Rosso non ha bisogno del cacciatore per salvare la propria innocenza, deve solo imparare a capire che crisi vuol dire crescita, che crescita vuol dire cambiare, che cambiare vuol dire accogliere.
Cassandra