Loris, dal carcere parla Veronica: “Non ho idea di cosa sia accaduto”
E’ rinchiusa da sei giorni nel carcere di Piazza Lanza a Catania, in stato di fermo. Sulla testa di Veronica Panarello pende l’accusa di omicidio aggravato e occultamento di cadavere. La mattina del 29 novembre avrebbe strangolato il figlio Loris con le fascette da elettricista, poi si sarebbe recata fuori città, al Mulino vecchio, per fare sparire il corpo. Ma Veronica, di tutta questa storia, giura di non sapere niente. Il suo avvocato Francesco Villardita in questi giorni la tiene al corrente dell’indagine. Assieme al padre è l’unico a rimanerle accanto. Uscendo dal palazzo di Giustizia di Ragusa, nel solito incontro quotidiano con i giornalisti, il legale ha tirato fuori un colloquio dei giorni scorsi con la sua assistita: “Non ho alcun sospetto, non so spiegarmi come sia potuto accadere. Se avessi un solo sospetto lo avrei detto a investigatori e magistrati” sono le parole di Veronica che, spiega l’avvocato, “ha collaborato con polizia a carabinieri fin dal primo giorno. La donna “non aveva alcun dubbio” sul fatto che suo figlio Loris “non avesse subito violenze sessuali” spiega ancora Villardita, ma il “sospetto mediatico che aleggiava mediaticamente l’aveva turbata” e “considerava la cosa orribile, ma allo stesso tempo incredibile”. Il penalista ha presentato alla Procura una “richiesta di accesso a tutti gli atti processuali in maniera integrale, anche tutti i Dvd con le immagini di tutte le telecamere visionate e sequestrate”.
In carcere la Panarello ha ricevuto la visita del parlamentare Andrea Vecchio, deputato di Scelta Civica: “Su una brandina addossata al muro con addosso una coperta di lana giaceva un corpicino tremante e rannicchiato – racconta Vecchio su Facebook -. Ha sollevato la coperta e ha fatto cenno di alzarsi, sotto la coperta indossava i vestiti, una maglietta, un pullover e un paio di pantaloni. Ai piedi indossava un paio di calze a righe orizzontali. Le ho chiesto di rimanere seduta. Capelli lisci, quasi sulle spalle, due labbra esili serrate, due grandi occhi scuri, quasi neri, sbarrati nel vuoto. Mi ha detto che era innocente e che amava disegnare”.
IL POST INTEGRALE DI ANDREA VECCHIO