Il Baronaccio e il Gran Visir: storia di un inciucio senza lieto fine
Ebbene sì, oggi vi racconterò una fiaba.
In un regno fatato che allora fu e di cui non sappiamo più, viveva una giovane di rara bellezza di nome Rosacambra. Lei, orfana fin dalla nascita, fu affidata dalla sua fata madrina per cinque anni a un signorotto soprannominato Il Baronaccio, facendogli giurare di prendersene cura, proteggerla e preservarla da ogni insidia. Bisogna dire che Il Baronaccio, uomo avido e narciso nonostante il suo giuramento, esponeva la povera Rosacambra a situazioni poco consone a una giovane damigella del suo rango, offrendola agli sguardi lascivi di avidi avventurieri che si spacciavano per pretendenti. Col passare del tempo Il Baronaccio, spinto dalla sua bramosia di potere, di accrescere il suo esercito e espandere i suoi possedimenti sempre di più, decise di indire un proclama: la sua protetta Rosacambra sarà data in moglie al pretendente con più uomini e armi.
La notizia si diffuse subito in tutte le contrade della contea suscitando incredulità e sorpresa. Pensate che anche i cani, i gatti, i fiori, perfino le fronde degli ulivi non facevano che parlare di ciò.
Anche i cavalieri della tavola rotonda decisero di occuparsi della felicità della dolce Rosacambra per sottrarla dalle grinfie dell’indegno e spergiuro Baronaccio. Trascorsero settimane e settimane cercando di escogitare un piano per salvare la dolce pulzella, quando l’ultimo arrivato fra i cavalieri, alle prime armi, di fresca nomina, con ben poca dote e ancor meno titoli nobiliari, all’insaputa di tutti, sobillato dal suo consigliere fraudolento, decide di abbandonare la tavola rotonda e di scalare il Palazzo.
“Diventerai tu ricco e famoso” gli sibilava all’orecchio il novello Guido da Montefeltro. “Sarò sempre al tuo fianco come un fedele scudiero”, diceva al povero zuzzerellone, lusingandolo e facendogli credere di essere forte e temibile. “Saremo temuti e invincibili”. Inebriato da questo delirio di onnipotenza, Romeo (questo il nome dello sprovveduto) né forte, né ricco né di nobili natali, decise con in mano un bouquet di margherite, non ti scordar di me e raricedda, di arrampicarsi su per la balaustra alla conquista di Rosacambra, rassicurato dal suo consigliere fraudolento che gli aveva garantito poco prima un seguito di 10000 uomini e una polveriera di armi appena fosse giunto al palazzo e lo avesse nominato Gran Visir.
Alcuni fratellini, i più sagaci certamente, capito l’inganno cercarono invano di dissuadere l’impavido principe azzurro supplicandolo sotto il portone del palazzaccio, mentre si inerpicava.
“Scendi Romeo, scendi, non ti fidare, scendi ti romperai l’osso del collo, scendi”…. Ahimè Romeo, tallonato dal suo consigliere che lo spingeva da dietro, non volle sentir ragione. Una volta giunto sul loggiato al cospetto di sua obesità, Il Baronaccio gli si piazzo davanti ansimando.
“Ecco l’allocco che ha abboccato”, pensò l’avido barone. “Orsù giovinastro, dove sono i tuoi uomini?”, chiese il barone. Fu con un balzo felino da fiera in agguato, che in quell’attimo il consigliere fraudolento sopraggiunto, scagliò giù dall’altissima balaustra il povero Romeo. “In un men che non si dica saranno qui per voi, vostra grazia, appena mi avrete nominato Gran Visir e fissato le nozze”, rispose il gaglioffo spacciandosi per un nobile di alto lignaggio.
Vorrei continuare la favola con il consueto e ‘vissero tutti felici e contenti’, ma purtroppo non fu cosi. Il fellone una volta nominato gran visir, istaurò un regime di terrore imponendo a Rosacambra giorni bui e tetri che fecero ammalare la poverina di consunzione. Il Baronaccio gabbato dal gran visir morì povero e pazzo. Il povero Romeo non si riprese dal ruzzolone e restò storpio per tutta la vita. E il gran visir? Lui, aperti i forzieri del barone, non li trovò pieni di oro, gemme e monili, ma di ragnatele, mosche morte e scarafaggi.
P.S. Non raccontate questa fiaba ai vostri bambini, potrebbero impressionarsi.
In quanto a voi, la morale sono certa che la troverete da soli, basta dare il nome giusto ai personaggi.
Buon Natale.