S.Croce celebra il 77° anniversario dello sbarco degli Alleati in Sicilia
Con una cerimonia sobria e diversa dal solito, organizzata dall’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci di Santa Croce Camerina, in collaborazione con l’Amministrazione comunale guidata dal sindaco Barone, alla presenza delle autorità militari cittadine, e delle associazioni combattentistiche. Così Santa Croce Camerina ha onorato il 77° anniversario dello Sbarco degli Alleati in Sicilia. La cerimonia è stata celebrata presso il fortino di via Roma, dove sono stati letti i nomi dei 14 civili che hanno perso la vita durante “l’Operazione Husky” del 1943. In loro ricordo è stata posta una corona d’alloro, vicino alla lapide con su incisi i nomi, che l’Amministrazione Comunale volle apporre il 10 luglio del 1996. Durante la commemorazione è stata eseguita dapprima l’alzabandiera e dopo il silenzio fuori ordinanza. Successivamente hanno preso la parola il sindaco e il presidente dell’Associazione Combattenti e Reduci Gaetano Farina (fautore assieme ad altri volontari degli interventi di restauro e pulizia del fortino) che hanno rievocato gli eventi storici dello sbarco degli alleati. GUARDA IL VIDEO COMPLETO SOPRA (Riprese Video a cura di Pippo Curiali)
Lo sbarco degli Alleati (tratto da: Santa Croce Camerina nei secoli, di Giuseppe Miccichè C.D.B. 2003)
Alla fine di giugno, essendo stata occupata dagli Alleati l’isola di Pantelleria, si sparse la voce che uno sbarco di truppe anglo-americane in Sicilia era ormai prossimo, sicché molte famiglie ritennero opportuno rifugiarsi nelle campagne. Alcuni ufficiali cui erano affidati posti di blocco o casematte scomparvero, qualche soldato indossò abiti civili e cercò di nascondersi. Nel pomeriggio del 9 luglio, 60 quadrimotori americani sganciarono sulla base aerea di Comiso una infinità di bombe e tutti compresero che si era giunti alla vigilia dell’evento annunziato. A tarda sera un rombo intenso e insistente richiamò l’attenzione su centinaia di aerei da trasporto che solcavano il cielo trainando panciuti alianti carichi di paracadutisti. Presto in diversi punti del territorio si videro scendere come fiocchi di neve tantissimi paracadute.
Dal mare, intanto, centinaia di navi si avvicinavano alla costa e alle ore 2,45, ebbe inizio lo sbarco delle truppe. Un grosso contingente di paracadutisti al comando del maggiore Mark J. Alexander era caduto sulle colline a nord-est di Santa Croce, ma s’era incontrato con difficoltà di vario tipo. Alcuni militari, infatti, vennero uccisi in aria, altri perdettero la vita sbattendo sui muri a secco, altri ancora furono snidati e consegnati alla caserma dal Nucleo antiparacadutisti con l’aiuto di alcuni civili guidati dal vecchio capitano di lungo corso Ernesto Marinelli, del luogo. I superstiti, riorganizzati dal comandante, mossero in direzione di Santa Croce per ricongiungersi con la truppa che, accompagnata da mezzi pesanti, proveniva dalle spiagge di Scoglitti, Punta Braccetto e Punta Secca, dove erano sbarcati la 45° Divisione di fanteria “Thunderbird” e gruppi di carri armati e artiglieria semovente al comando dei Colonnelli Robert B. Hutchins, Charles M. Ankorn e Cookson.
L’assoluta inadeguatezza delle opere di difesa, rese più facile e in alcuni casi addirittura travolgente l’avanzata degli invasori. Non mancarono tuttavia alcuni scontri a fuoco e le vittime. A Punta Braccetto la guardia di finanza Salvatore Tribastone di Santa Croce e il commilitone Carmelo Carnemolla di Mazzarelli, travolti dai marines, furono colpiti a morte presso la Colombara. Combattimenti si svolsero presso la fattoria Randello e Piombo, dove si contarono decine di caduti. A sud di Santa Croce, presso villa Comitini, cadde il capitano Serra che comandava 22 militari addetti a una batteria. Aspri combattimenti si svolsero a Cozzo Camemi, a villa Criscione e tra gli attaccanti e militari di stanza ci furono decine di morti, tra cui il tenente Sella e numerosi feriti. Non pochi civili vennero colpiti sia nell’abitato urbano sia nelle campagne circostanti. Alle 7,45 in località Bosco di Punta Secca morirono Battistina Brancato di 45 anni, e dieci minuti dopo Francesco Zisa di 18 anni.
Successivamente in ore e luoghi diversi ci furono altri morti e feriti. Mentre gli Americani del 1° battaglione della 157^ Brigata proveniente dalla zona di Scoglitti e Punta Secca avanzavano verso Santa Croce, alcuni civili al comando del ricordato Marinelli si appostarono dietro il “passamano” e aprirono il fuoco, imitati dai militari di una casa matta posta all’inizio della strada per malavita. La risposta degli invasori fu immediata. Poche salve di cannone e il fuoco delle mitraglie misero a tacere i civili e i militari, ma colpirono al tempo stesso alcune abitazioni nelle vie Oliva e Bagni, il frontone e il campanile della chiesa madre e isolate case di campagna. Alle 12,40 in contrada Mirio venne colpito l’agricoltore Salvatore Nativo di 69 anni. Alla stessa ora venne centrata una casa nella via Oliva, dove morì Emanuele Pelligra di anni 72, e venne gravemente ferita Carmela Pelligra di anni 19, deceduta qualche ora dopo. Alle 14,35 in una casa nella via Bagni colpita da una cannonata morirono Marianna Di Sefano di anni 55, Emanuele Emmolo di anni 5, Giuseppe Emmolo di anni 5, Giovanni Emmolo di anni11, Salvatore Emmolo di anni 12, Marianna Luna di anni 28, Palma Maria Puzzo di anni 1.
Contemporaneamente in contrada Malavita veniva colpita mortalmente Antonia Agnello di anni 69. Qualche ora dopo moriva per ferite riportate nella mattinata Concetta Scrofani, cui seguiva, ma in ospedale a Ragusa, Enzo Di Raimondo. Sul paese gravava chiaramente un serio e immediato pericolo. Fu a questo punto che, in contrasto con il Ten. Col. Milazzo, il parroco Di Quattro fece esporre un lenzuolo dal campanile della Chiesa madre come segno di resa. Il contemporaneo intervento sul Comando Alleato del Maggiore Medico William Ferraro, di origine santacrocesi, risultò efficace e il fuoco cessò. Subito dopo il 2° battaglione di paracadutisti del Maggiore Alexander, che muoveva ad est, e il 1° Battaglione del Colonnello Ankorn che avanzava da ovest si congiunsero occupando verso le 15,30 Santa Croce.
Curiosa e festante la popolazione corse a fare ala alla truppa e subito fraternizzò coi militari, impressionata dai cognomi iblei e siciliani che i militari portavano, dalla felicità con cui essi parlavano il dialetto siciliano, dalla precisa conoscenza che mostravano dei luoghi e dei proprietari di masserie, come pure dalla generosa distribuzione di sigarette, cioccolata e caramelle che facevano. Il giorno dopo lunghe colonne di prigionieri italiani raggiunsero la spiaggia di Cammarana attraverso la trazzera che da Mirio portava a Punta Braccetto per essere imbarcati. Tra di essi c’era il sordomuto Giovanni Mandarà, che in contrada Sughero, avendo usato nella sua vigna un vecchio fucile da caccia contro “estranei” non bene identificati nell’incerta luce dell’alba, era stato fatto prigioniero.