Basta sconti per chi uccide alla guida: “Riformare l’omicidio stradale”
Quanto vale la vita di un essere umano? Questa è la domanda che ci si pone ogni qualvolta una vita viene spezzata tragicamente. Questa è la domanda che si sono fatti i genitori dei due cuginetti Alessio e Simone di Vittoria, falciati da un Suv piombato su di loro in piena velocità mentre giocavano davanti casa. Questa è la domanda che si è fatta la famiglia di Martina Aprile, che a Cava D’Aliga è stata investita da un’auto mentre gettava la spazzatura durante l’orario di lavoro. Nel primo caso solo 9 anni di reclusione per l’omicida, nel secondo 4 anni e 6 mesi. Davvero vale così poco la vita di una persona, se si considera che gli investitori guidavano sotto l’effetto di sostanze stupefacenti?
Il 23 giugno il giudice Ivano Infarinato ha emesso una sentenza di condanna a 4 anni e 6 mesi di reclusione nei confronti di Carmelo Ferraro, accogliendo la richiesta di patteggiamento avanzata dalla difesa dell’imputato. La morte di Martina ha lasciato nello sconforto non solo la sua famiglia, altresì un bimbo, con importanti problemi di disabilità. L’avvocato Gisella Scollo (nella foto), difensore della famiglia Aprile, si è fatta portavoce della disperazione di quest’ultima. “Il Giudice ha accolto la richiesta di patteggiamento avanzata dalla difesa dell’imputato applicando la legge attualmente in vigore – ha dichiarato l’avvocato Scollo -. Da qui l’esigenza, espressa da più parti, di riformare la normativa in materia di omicidio stradale. Sarebbe auspicabile un inasprimento della pena nei casi in cui si guidi in stato di alterazione psicofisica dovuta all’assunzione di sostanze alcoliche o stupefacenti e prevedere l’inapplicabilità, nei casi più gravi, dei riti speciali, ovvero il patteggiamento o il rito abbreviato”.
“L’applicazione di pene così irrisorie, in questi casi, veicola un pericoloso messaggio – continua l’avvocato -. Si è portati a credere di poter uccidere un essere umano, pur guidando in stato di ebbrezza o dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti, poiché si sa di potersela cavare con una pena minima. Per questo, la famiglia Aprile, associandosi alla richiesta già avanzata dalle famiglie di Alessio e Simone, rivolge un accorato appello al Ministro Bonafede affinché riformi la normativa sull’omicidio stradale, di cui all’589 c.p., prevedendo un serio inasprimento della pena da applicare”. Se è pur vero che nessun tipo di condanna, per quanto severa, potrà mai restituire alle famiglie i propri cari, tragicamente scomparsi, è altresì vero che la legge deve garantire la giusta pretesa punitiva al fine di fungere, quanto più possibile, da deterrente e impedire che il sacrificio di Alessio, Simone, Martina e, purtroppo tanti altri prima di loro, sia vano.