Gravina firma con l’opposizione. Parte la resa dei conti nella maggioranza
La trappola mortale è dietro l’angolo. Ad allestirla ci hanno pensato i consiglieri d’opposizione, più un insospettabile. #SantaCroceRivive, il gruppo che fa capo al sindaco Giovanni Barone, ha già perso per strada Zisa e Cappello. Prima delle vacanze di Natale, a seguito di alcuni colloqui informali con tutti i gruppi, Barone aveva “congelato” il rimpasto, ma nuovi malumori sono emersi a seguito della firma di Franco Gravina su un documento redatto dall’opposizione: si tratta di una mozione d’indirizzo per la modifica del regolamento sullo svolgimento delle sedute consiliari (la prima volta era stata bocciata dall’aula).
Gravina è l’unico consigliere di #SantaCroceRivive ad aver condiviso la proposta in cui si chiede l’introduzione dell’istituto della revoca del presidente del Consiglio (art. 16 bis), tramite il recepimento di una circolare regionale del 2012, che dà attuazione alla legge elettorale n.6/2011, in cui si dà “la possibilità ai consiglieri di presentare una mozione motivata di revoca” del presidente del Consiglio comunale, che deve essere “approvata per appello nominale, cioè con voto palese, da “almeno” due terzi dei consiglieri (8 su 12, ndr)”. Come si evince dalla circolare, la “norma non prevede, tuttavia, né la modalità, né i termini, né il numero minimo dei presentatori della mozione, ma rinvia per questi aspetti allo statuto dell’ente”. Ma ecco l’inghippo: lo Statuto comunale a tal proposito non si esprime. Così la mozione firmata da Gravina, Agnello, Schembari, Gambino, Zago e Zisa tenta di bypassarlo. Nella riscrittura dell’articolo 16, al secondo comma, i proponenti chiedono che la revoca dell’incarico possa avvenire se la mozione è “presentata almeno la metà dei componenti”. Sei.
Questo vulnus, ancor prima della modifica del regolamento, richiederebbe quella dello Statuto. Nella mozione presentata stamattina, che l’opposizione e Gravina chiedono di inserire all’ordine del giorno della prima seduta utile, si conviene che “la mozione di revoca” nei confronti del presidente non può essere proposta e approvata per motivazioni politiche” ma “ammessa nei soli casi di inadempienze sul piano istituzionale, quali la ripetuta e ingiustificata omissione della convocazione del Consiglio o le ripetute violazioni della legge, dello Statuto o dei regolamenti comunali” o per una condotta “poco compatibile con il ruolo istituzionale super partes che gli compete”. La sfida si gioca in punta di fioretto, tra un regolamento e un altro. Ma da questa disputa emerge un dato politico urgente: un consigliere della maggioranza, in piena autonomia, ha collaborato con l’opposizione a redigere un atto che il resto della pattuglia non condivide (stando alle firme). Un esempio plastico della sfaldatura in atto, che fin qui – ma non è dato sapere per quanto – non ha provocato reazioni ufficiali.