La poltrona che scotta
A chi sente parlare di politica, nelle migliore delle ipotesi, viene l’orticaria, ma anche parlare dei personaggi che si occupano di politica è esercizio difficile e impopolare. Negli ultimi tempi il clima nei confronti dei politici con compiti nazionali e regionali si è fatto rovente. Gli appellativi alquanto ingiuriosi nei confronti di questi si sprecano e hanno tutti un denominatore comune: il disprezzo. Questo perché “loro” non hanno fatto niente, anzi, continuano ad alimentare questo clima, vuoi per le loro inefficienze, vuoi per il loro menefreghismo nei confronti dei cittadini-sudditi, vuoi per gli scandali e le ruberie che ogni giorno li investono. Insomma, l’arte di fare politica, cosa nobile alle origini della stessa parola, è diventata negli ultimi tempi qualcosa di cui tenersi molto alla larga.
Eppure, qualcuno che governa e amministra la cosa pubblica deve pur esserci, questo onere qualcuno deve caricarselo sulle spalle. C’è chi lo fa con grande spirito di abnegazione, al contrario c’è chi lo fa tanto per prendersi i privilegi e gli onori che gliene derivano. Nel caso delle amministrazioni strettamente locali il fenomeno degli amministratori responsabili è in vantaggio su quelli irresponsabili. Dalle nostre parti la prossima primavera vedrà il rinnovo dell’Amministrazione e del Consiglio Comunale, chi vincerà? Al momento ogni previsione risulta quantomeno azzardata, all’orizzonte il fronte politico appare variegato e con poche certezze. Una di queste è relativa alla possibile e quasi certa candidatura del dottor Giovanni Barone: quest’ultimo, stando a quanto ha dichiarato in una recente intervista uno dei protagonisti sconfitti nella passata tornata elettorale, cioè Piero Mandarà, invitato più volte a far parte di una possibile coalizione forte, ha deciso unilateralmente di autocandidarsi a futuro sindaco della città. Pregiudicando con questo gesto una possibile riunificazione di una coalizione in grado di poter esprimere una candidatura forte alle prossime elezioni. I motivi di tale decisione sono forse da ricercare in una serie di veti più o meno incrociati che hanno fatto propendere per questa opzione.
Ora, mi permetto di esprimere una mia personale opinione: la cosa migliore da fare in questo frangente – visto che il paese è fermo al palo, con una crisi economica senza precedenti, crisi di valori, con l’ordine pubblico sempre più precario, i giovani che non trovano lavoro e con i tanti problemi che investono i cittadini nel sociale – sarebbe stata bandire ogni forma di personalismo e ambizione e sedersi, quante più personalità possibili, con tanta buona volontà attorno ad un tavolo, stilare un programma di quattro o cinque punti qualificanti in grado di rilanciare un paese in coma e, tutti insieme, democraticamente, indicare il futuro candidato sindaco, cominciando a lavorare collegialmente per il bene della città. E’ auspicabile altresì la non ingerenza nelle faccende strettamente locali di personaggi che non dovrebbero avere niente a che vedere con le vicende cittadine. Per la verità, questa esigenza è stata espressa e rivendicata da più parti: sarà mantenuta? Speriamo che tutto ciò possa essere ancora possibile! L’esperienza garantita dalla legge (ma non dai cittadini) di governare la città con il 22% dei voti è risultata alquanto fallace (da non ripetere mai più) e i risultati conseguiti (quasi il nulla) dall’Amministrazione uscente sono sotto gli occhi di tutti. La prossima governance della città dovrà ottenere una investitura popolare quanto più ampia possibile: si governa in nome e per conto della maggioranza dei cittadini e non invece in nome e per conto di una minoranza che diventa per la legge maggioranza.