Amor, 32 anni da ‘santacrocese’: “Noi senza diritti, ma pieni di birra”
C’è chi a Santa Croce vive da trent’anni, è un immigrato e non si è mai macchiato di reati. Basta l’esempio di Amor Salah, cittadino tunisino di 50 anni, per capire che è stupido e inutile fare di tutta l’erba un fascio. Ma è altrettanto evidente che una buona parte della popolazione straniera (la seconda della provincia per incidenza sul totale degli abitanti), deviata com’è dall’assenza di un lavoro o da un totale “fancazzismo”, arrivi a delinquere. “Siamo in troppi – ammette Amor -. La maggior parte di noi è senza diritti, senza una famiglia e senza una casa. Da queste persone viene fuori il peggio”. Nelle ultime settimane Santa Croce è stata rigirata come un calzino. I controlli sono aumentati, le risse diminuite. Non manca qualcuno che ti scruta male da lontano o fa i suoi porci comodi lungo le vie del centro, dopo essersi ubriacato a puntino. Ma quel qualcuno è lontano dallo stile di vista che l’Islam si è imposto: “Quando uno muore con un bicchiere di birra in panza – ammette Salah nel suo italiano maccheronico ma efficacissimo – è come se si presentasse a casa di Dio ubriaco. E quando alla tua porta bussa un ubriaco non puoi fare altro che cacciarlo”.
Perché molti stranieri non rispettano le regole?
“Le cose fondamentali per una persona sono la casa e il lavoro. Quando una delle due cose manca, viene fuori il peggio dell’essere umano. Se qualcuno però la smettesse di vendere alcol anche in piena notte, forse le cose andrebbero meglio”.
Come vive a Santa Croce?
“Sono qui dal 1983, mi conoscono tutti. Ma vivo a malapena. Faccio mille lavori diversi, ma non appena chiedo diritti e parità di trattamento, le persone cambiano strada e non ti guardano più in faccia. Io e molti della mia generazione abbiamo dato tanto all’economia di questa città, abbiamo contribuito a farla crescere. Ma in cambio non abbiamo ottenuto mai nulla, il 99% di noi lavora in nero”.
Ha mai pensato di rubare?
“No. L’Islam lo vieta. Guadagno pochi soldi, ma lo faccio in modo pulito. Oggi tutti dicono di essere musulmani, ma in pochi lo sono davvero…”.
Si spieghi meglio.
“Chi delinque non è un buon musulmano. Per esserlo bisogna rispettare cinque regole fondamentali: credere in un solo Dio, pregare cinque volte al giorno, osservare il Ramadan, assistere i poveri e recarsi almeno una volta alla Mecca”.
La popolazione straniera di Santa Croce è molto religiosa?
“Per niente. La preghiera è un momento per riunirsi a Dio, chiedere perdono per i nostri peccati e purificare la propria anima. Anche il mese di digiuno imposto dal Ramadan è un percorso di purificazione. Ma chi beve continuamente birra non si avvicina a Dio. Anche io in passato ho fatto qualche errore, ma da quando osservo le regole vivo meglio”.
Le capita di parlare con dei fratelli poco raccomandabili?
“Io e quelli della Moschea lo facciamo spesso. Dopo una giornata di lavoro andiamo in giro per Santa Croce, cerchiamo di far capire a tutti che bisogna comportarsi bene e non fare del male, riportiamo continuamente la parola di Dio. Se non facessimo questa opera, mi creda, le cose andrebbero peggio”.
E chi non rispetta le regole?
“E’ liberissimo di andarsene da un’altra parte. Ma alla base di tutto c’è il rispetto reciproco. Io rispetto voi se voi rispettate me, altrimenti divento una bestia”.
Come giudica la convivenza con gli italiani?
“Meglio rispetto al passato. Ho visto generazioni di tunisini crescere qui da voi. I nostri ragazzi hanno frequentato le stesse scuole dei vostri. C’è più fratellanza, più unità. La crisi ci ha messo nelle stesse condizioni, ci ha resi più uguali. Una volta gli italiani ostentavano la propria superiorità, oggi non è più così. Ma questo avviene nelle relazioni sociali, perché sul piano dei diritti non ci siamo”.
Sua moglie e i suoi figli vivono con lei?
“No. Non riuscirei a garantirgli qui in Italia un buon tenore di vita. Abitano in Tunisia. Soffro per la distanza, ma Dio ha voluto così e io seguo la sua volontà”.
Dall’Africa continuano ad arrivare barconi di disperati. Consiglia di venire in Italia?
“La gente è abituata a vedere l’Italia in tv e se ne innamora facilmente. Ma quando arriva qui trova una sorpresa mostruosa. Non c’è più il benessere di una volta, si rischia di diventare criminali. Con 3-4mila euro, invece, si può iniziare una piccola attività nel proprio paese. E’ la soluzione migliore”.
1 Comment
Tanto lo so che per il politacally correct la direzione non me la pubblica.
Ma sentilo, dopo tre ore di parlare di Islam di pace e di Dio, sotto sotto se i suoi simili si comportano male quasi quasi la colpa è di chi vende la birra. Amico, (si fa per dire) i miei compaesani che vendono la birra lo fanno da anni per campare, capito? E i nostri paesani che da anni vivono qui non si ubriacano e pisciano per le strade capito? E invece di piangere che non hai diritti, ti sei mai chiesto, se tu e i tuoi compaesani assolvete i vostri doveri? E poi se il tuo Dio ha voluto così, come tu hai scritto di che ti lamenti? Puoi sempre andare a vivere nella vostre tante terre sante, lì si che che ti riconoscono tutti i diritti che vuoi. Buon viaggio.
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